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Il Dossier Piccoli Schiavi Invisibili 2017 offre un’istantanea sulla tratta e il grave sfruttamento di bambini e adolescenti in Italia. Attraverso le voci e le storie raccontate dai ragazzi e dalle ragazze sfruttati sessualmente e lavorativamente.

Il rapporto presenta un’analisi dettagliata delle principali vulnerabilità vissute dalle vittime e offre una disamina aggiornata dei soggetti criminali che lucrano su di loro. Strutturato in cinque capitoli, il rapporto si apre con un focus sul quadro normativo internazionale, europeo e nazionale sulla tratta e il grave sfruttamento. A seguire, vengono presentati i profili aggiornati delle vittime di tratta e sfruttamento in Italia, facendo luce sulle connessioni tra i nuovi trend migratori e le diverse tipologie di abuso e sfruttamento subite dai minori.

L’analisi delle vulnerabilità esaminate quest’anno offre anche uno zoom sulle principali criticità riscontrate a Ventimiglia, Roma e in Calabria, territori in cui il fenomeno della tratta e del grave sfruttamento sta assumendo tratti allarmanti anche per quanto riguarda i soggetti criminali, gli sfruttatori e gli abusanti che quotidianamente lucrano su ragazze e ragazzi. I profili di chi approfitta dell’indigenza e della vulnerabilità delle vittime di tratta sono stati esaminati con l’obiettivo di restituire una fotografia fedele della filiera criminale, utile anche a strutturare un piano d’azione politico e programmatico contro questo crimine ripugnante.


Il fenomeno della tratta e dello sfruttamento di minori nel mondo è per sua natura largamente sommerso, ma i dati disponibili sui casi emersi in 106 paesi indicano chiaramente una proporzione allarmante. Su 63.251 casi rilevati a livello globale, infatti, ben 17.710 (pari ad 1 un caso su 4) riguardano bambini o adolescenti, con una larga prevalenza di genere femminile (12.650), e i minori rappresentano il secondo gruppo più numeroso tra le vittime di tratta dopo le donne[1].

Il fenomeno si dimostra ben radicato anche nei paesi dell’Unione Europea, dove nel 2016, segnatamente ai dati raccolti tra il 2013 e il 2014, risultano almeno 15.846 vittime accertate o presunte, di cui le donne rappresentano il 76% e i minori il 15% (pari a 2.375), mentre le forme di sfruttamento principali emerse sono la prostituzione forzata (67%) e lo sfruttamento lavorativo (21%) soprattutto in ambito agricolo, manifatturiero, edile, nei servizi domestici e nella ristorazione[2].

In Italia, nell’intero 2016, le vittime di tratta effettivamente censite e inserite in programmi di protezione sono state complessivamente 1.172, di cui 954 donne e 111 bambini e adolescenti, in gran parte di genere femminile (84%). Le vittime under 18 sono soprattutto di nazionalità nigeriana (67%) e rumena (8%), e, anche se lo sfruttamento in economie illegali come lo spaccio (10% circa), lo sfruttamento lavorativo (5,4%) e l’accattonaggio (3,6%) sono abbastanza frequenti, lo sfruttamento sessuale rappresenta quasi la maggioranza dei casi (50%), con un andamento purtroppo crescente[3]. Una tendenza confermata dai rilevamenti degli operatori delle unità di strada del progetto nazionale Vie d’Uscita di Save the Children per il contrasto dello sfruttamento sessuale in alcuni territori chiave della tratta[4], che hanno registrato tra gennaio 2015 e aprile 2016, 356 contatti con vittime o potenziali tali, un numero poi cresciuto di quasi 4 volte tra maggio 2016 e marzo 2017, quando i contatti hanno raggiunto quota 1.313, di cui 237 vittime minorenni e 1.076 neo-maggiorenni. In una sola sera, nel maggio 2017, un’ampia rete di attori pubblici e privati della Piattaforma nazionale anti-tratta, ha rilevato circa 3.280 persone in strada vittime di tratta o presunte tali di cui almeno 167 sarebbero bambine o adolescenti (5,1%)[5].

Questi alcuni dei dati che fotografano la tratta e lo sfruttamento dei minori nel mondo e in Italia, contenuti nel dossier “Piccoli Schiavi Invisibili – 2017” diffuso oggi in vista della Giornata Internazionale Contro la Tratta di Esseri Umani da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro. Il dossier, approfondisce in particolare i dati e i profili dei gruppi più vulnerabili ed esposti in Italia, i ruoli e le responsabilità degli sfruttatori o offender che gestiscono il traffico e la tratta verso e nel nostro Paese, e l’allarme destato in particolare da alcuni territori.

Il bacino dei minori stranieri non accompagnati giunti via mare in Italia, più che raddoppiato nel 2016 (25.846) rispetto all’anno precedente e ulteriormente cresciuto nei primi mesi del 2017, si conferma come uno dei gruppi di bambini e adolescenti maggiormente esposti alle diverse forme di tratta e sfruttamento nel nostro Paese. Il numero sempre maggiore di ragazzine nigeriane condotte qui con l’inganno e costrette a prostituirsi, insieme a un numero crescente di minori dell’Europa est, di ragazzi bengalesi vittime dello sfruttamento lavorativo, e di minori che si considerano “in transito” in Italia e si riconsegnano nelle mani di trafficanti e passeurs per proseguire il viaggio verso il nord Europa, sono infatti il volto più frequente tra le vittime di un business criminale che nel mondo muove un giro d’affari di 32 miliardi di dollari (seconda fonte di reddito per le organizzazioni criminali dopo il traffico di droga), e in Europa conta almeno 12.760 adulti offender sospetti o incriminati (di cui 3.187 femmine)[6].

In Italia, benché il loro numero, in base alle evidenze sul campo, sia ben maggiore, gli adulti sospettati o incriminati per reati connessi alla tratta o allo sfruttamento sono 324, in maggioranza uomini e di origine rumena (89), nigeriana (85) e italiani (47) [7], e la Corte d’Appello di Palermo segnala un allarme per il raddoppio tra 2015 e 2016 dei casi legati a riduzione e mantenimento in schiavitù e un numero triplicato di casi legati alla tratta, mentre a Catania i soggetti legati al reato di tratta sono passati addirittura da 1 a 48 nello stesso periodo. Tratta e sfruttamento nel nostro Paese hanno purtroppo anche finito per coinvolgere attivamente quasi 15.000 minori, spesso già vittime loro stessi, in attività come spaccio e prostituzione. Questi ultimi, hanno in 1 caso su 2 tra i 16 e i 17 anni e sono in maggioranza italiani (10.990, comprese 1.167 minori femmine), originari di alcuni paesi dell’Africa (1.551, di cui 73 femmine), ma anche rumeni (747 maschi di cui 156 femmine)[8]. Per quanto riguarda lo sfruttamento lavorativo dei minori, sia italiani che stranieri, le segnalazioni raccolte dagli Ispettorati del Lavoro sono cresciute da 172 a 236 tra il 2014 e il 2016. In questo contesto, le regioni con il maggior numero di segnalazioni sono state la Lombardia (83), Puglia (49) ed Emilia Romagna (28), territori in cui i minori vengono sfruttati in settori come alloggio e ristorazione (93 casi), commercio (32), agricoltura (27) o manifattura (27)[9].

Se le reti della tratta e sfruttamento dei minori sono ramificate in tutto il Paese, e nel caso della filiera criminale nigeriana e rumena, o dei facilitatori e passeurs, si estendono anche a livello internazionale, ci sono alcuni territori in Italia che destano particolare preoccupazione per la crescente esposizione di bambini e adolescenti a rischi gravissimi. In Calabria, ad esempio, ciò è determinato da un numero di sbarchi sempre maggiore, 385 quelli registrati da gennaio 2016 a giugno 2017, con un numero elevato di minori non accompagnati, ben 7.617 (15,5% del totale), che ha messo in evidenza la grave inadeguatezza di alcune strutture di prima accoglienza e le carenze del sistema di protezione, un elemento che trova riscontro anche nelle chiamate ricevute dalla Helpline Minori Migranti di Save the Children il 30% delle quali erano relative a richieste d’aiuto per l’inadeguatezza delle strutture di accoglienza calabresi. A Roma, oltre allo sfruttamento lavorativo, in attività illegali, e allo sfruttamento sessuale che continua a coinvolgere i minori non accompagnati egiziani, si registra una diminuzione progressiva dell’età, fino a 14 o 13 anni, delle minori nigeriane e rumene costrette a prostituirsi e dei minori “in transito”, in particolare eritrei, particolarmente vulnerabili perché fuori dal sistema formale di protezione. E i minori diretti in altri paesi sono esposti al rischio continuo di violenze, sfruttamento e ricatti da parte di facilitatori, passeurs o adulti che approfittano della loro vulnerabilità anche nella zona di frontiera a Ventimiglia, dove, a seconda dei periodi, stazionano in decine o centinaia, per tentare, in molti casi ripetutamente, di raggiungere la Francia (3.000 quelli passati presso la Chiesa di Sant’Antonio alle Gianchette solo nel 2016).

La procedura di ricollocamento in altri paesi europei, che nel caso dei minori non accompagnati su un bacino potenziale di circa 1.000 beneficiari in Italia è stata finora applicata a pochissimi casi (completata in 6 casi, 12 quelli in attesa di trasferimento, 25 in attesa di approvazione dallo stato di destinazione, 38 le richieste istruite)[10], sarebbe l’unico strumento sicuro e legale per garantire protezione e rispetto del superiore interesse dei minori sancito dal diritto internazionale. Una possibilità che avrebbe probabilmente potuto evitare che il tentativo di attraversare clandestinamente la frontiera potesse costare l’anno scorso addirittura la vita a Milet Tasfemarian, la 16enne eritrea travolta e uccisa sull’autostrada a Ventimiglia da un tir ad ottobre, o ad Abiel Temesgem, il minore eritreo di 17 anni morto lo scorso novembre a Bolzano, nel tentativo di saltare su un treno merci in corsa diretto alla frontiera del Brennero per raggiungere suo fratello a Francoforte. Nei mesi precedenti Abiel era stato respinto alla frontiera con la Svizzera, e, tornato a Roma, aveva cercato invano di avere accesso alla procedura di ricollocamento.

“La lotta ai trafficanti e agli sfruttatori dei minori deve essere ferma e inflessibile, a partire dai paesi di origine e di transito dei tanti bambini e adolescenti soli che raggiungono poi anche il nostro Paese e l’Europa, e invece della sicurezza e di una opportunità di futuro si ritrovano di nuovo nelle mani di chi è pronto a sfruttarli e ad approfittare di loro. Le evidenze ci dicono anche, purtroppo, che c’è una vera e propria filiera criminale sempre più organizzata, che adesca all’origine i minori e li sposta attraverso i confini, dove quasi tutti, e soprattutto tutte, subiscono violenze di ogni tipo, prima di arrivare in Italia dove il sistema di accoglienza e protezione, e quello di contrasto alla tratta e allo sfruttamento, non riescono ancora a intervenire efficacemente per strapparli alle mani dei loro aguzzini e dei “clienti” che abusano di loro sia nello sfruttamento sessuale che lavorativo“ ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Le minori nigeriane e dell’Europa dell’Est vittime di sfruttamento sessuale

Nel 2016 il numero dei minori soli nigeriani arrivati via mare in Italia è triplicato (3.040), e si è registrata una presenza crescente di adolescenti e bambine anche di 13 o 14 anni, generalmente reclutate con l’inganno nel loro paese di origine, a Benin City o nelle aree rurali e nei villaggi più remoti degli stati dell’Anambra, del Delta e del Lagos. La filiera criminale nigeriana che gestisce la tratta a scopo di sfruttamento sessuale in Europa e in Italia è basata su fasi e ruoli ben definiti, a partire dalle adescatrici, che operano in Nigeria, dove viene operato il rito voodoo o juju che innesca il meccanismo di ricatto e paura che terrà vincolate le vittime per anni; i boga o trolleyman, responsabili del trasferimento delle vittime in Niger dove le cedono a gruppi criminali arabi che le trasportano in Libia e le sequestrano nelle connection house gestite da carcerieri nigeriani e ghanesi; le maman che gestiscono l’attività di prostituzione in Italia e i loro emissari, i brother, che ricomprano le ragazze pagando il riscatto dalle connection house e l’imbarco per l’Italia; i controllers o luogotenenti, che informano i trafficanti sullo sbarco in Italia delle ragazze e le istruiscono sull’iter da seguire nelle operazioni di accoglienza e nella fuga dalle strutture; i sodali, attivi nello smistamento e nella gestione delle ragazze nei diversi luoghi della prostituzione. Le ragazzine vittime possono subire ogni tipo di violenza durante il viaggio, nel quale vengono vendute e ricomprate, e una volta in Italia sono obbligate a restituire un debito che può arrivare a 40-50.000 euro, ma devono pagare alla maman anche vitto e alloggio, bollette, vestiti e fino a 150-200 euro al mese per il posto in strada in cui sono costrette a prostituirsi, spesso accettando rapporti senza protezione, e con tariffe che in zone più periferiche possono scendere a 10 o 5 euro.

Secondo le stime di Save the Children, le ragazze rumene sono il secondo gruppo più numeroso dopo quello nigeriano tra le giovani vittime di tratta per lo sfruttamento sessuale in strada in Italia, e tra il 2016 e i primi mesi del 2017 le unità di strada del progetto Vie d’Uscita ne hanno contattate 375, tra minori o neo-maggiorenni. Si tratta in prevalenza di adolescenti provenienti da contesti socio-economici molto poveri, come le regioni della Muntenia e Moldova, nei distretti di Bacau, Galati, Braila, Neamt e Suceava, che in alcuni casi erano senza genitori o affidate a terzi, quando sono state attratte e manipolate da coetanee, ragazzi o uomini adulti, sulla base di proposte di lavoro fasulle e della speranza di un riscatto. Vengono fatte entrare in Italia su mezzi privati via Trieste, dichiarando falsi legami parentali, e poi costrette a prostituirsi, spesso sotto il controllo di fidanzati/sfruttatori, in un continuo stato di sopraffazione e paura, nel quale sviluppano spesso dipendenza da droghe, alcol e abuso di medicinali.

I minori bengalesi e i minori egiziani

Il numero dei minori non accompagnati bengalesi giunti via mare in Italia è cresciuto progressivamente in modo significativo. Dall’assenza totale di minori soli nel 2015 si è passati ai 1.053 arrivati nel 2016 (il 13% del totale dei migranti originari del Bangladesh sbarcati), e solo nei primi 5 mesi del 2017 hanno già raggiunto quota 1.170 (16,5% del totale dei bengalesi) segnalandosi come il primo gruppo numeroso tra tutti i minori non accompagnati, se pur composta anche da una certa parte di giovani auto dichiaratisi come minori per ottenere più facilmente un permesso di soggiorno per lavoro. Nella maggioranza dei casi, i minori bengalesi provengono da contesti familiari molto poveri e deprivati e da famiglie numerose con scarsa scolarizzazione, e sono vere e proprie vittime della tratta per lo sfruttamento lavorativo da parte di connazionali, italiani o cinesi, per i quali lavorano fino a 12 ore al giorno per 6 giorni di seguito e una paga misera in piccole attività commerciali o come ambulanti.

Per i minori non accompagnati egiziani, giunti in Italia in numero crescente negli ultimi anni, fino a raggiungere il numero di 2.467 nel 2016 (+ 340% rispetto al 2011), la rete degli sfruttatori agisce nelle loro zone di provenienza in Egitto incentivando le partenze e stabilendo con le famiglie contratti di debito che possono variare da 4.000 euro, nelle aree meridionali del Paese, o 2.000 euro se si è già più vicini ai porti di imbarco. La necessità di restituire rapidamente il debito una volta arrivati in Italia, spinge questi minori ad abbandonare le strutture di prima accoglienza in frontiera sud per raggiungere principalmente Roma, Milano e Torino, dove sperano nelle opportunità offerte dalla comunità di connazionali presente. Nella realtà, e nella maggioranza dei casi, vengono sfruttati nel lavoro in nero a Roma e Torino nei mercati generali, negli autolavaggi 12 ore al giorno 7 giorni su 7 per 2 o 3 euro all’ora, nelle pizzerie, kebabberie e frutterie anche in turnazioni notturne, nelle aziende edili a Milano, per compensi che raggiungono raramente i 300 euro al mese. In molti casi si rendono anche disponibili a svolgere attività illegali, come lo spaccio di droga, o vengono adescati e sfruttati sessualmente nel circuito della pedofilia e pedo-pornografia.

I minori “in transito”

I minori non accompagnati eritrei, 3.832 quelli arrivati via mare in Italia nel 2016 in fuga da violenze e torture, mancanza di libertà civili e obbligo di leva militare quasi a vita per ragazzi e ragazze, sono il gruppo più numeroso tra gli adolescenti soli anche giovanissimi, con meno di 13 anni, che si considerano “in transito” nel nostro paese, e hanno l’obiettivo di raggiungere familiari, parenti o amici nei paesi del nord Europa. Un obiettivo condiviso con la maggioranza dei minori somali, etiopi, palestinesi, siriani e afghani, che per questo motivo si allontanano dalle strutture di prima accoglienza per riconsegnarsi nelle mani di una rete mista di connazionali e trafficanti, facilitatori e passeurs che li aiutano a raggiungere prima Roma o Milano, e poi i valichi di frontiera nord per tentare di lasciare il Paese. La sempre maggiore difficoltà incontrata nell’attraversamento delle frontiere, a Ventimiglia, Como/Chiasso o al Brennero, ha prolungato via via la loro permanenza nel nostro Paese in una condizione di grave vulnerabilità, al di fuori del sistema formale di accoglienza, esposti al rischio di violenze e sfruttamento per la necessità di reperire cibo, un posto dove dormire e i soldi necessari per pagare i trafficanti nei ripetuti tentativi di lasciare l’Italia. In base ai riscontri “sul campo”, a Roma, nel 2016, tra i minori soli eritrei in transito, si è anche registrato un aumento di presenze femminili (+10-15% rispetto al 2015) e di bambini tra i 10 e i 14 anni, mentre a Milano in centinaia hanno condotto e conducono vita di strada nei pressi della Stazione Centrale in promiscuità, esposti ad ogni rischio. Nonostante l’Eritrea sia un paese d’origine riconosciuto come eligibile per la procedura di ricollocamento in Europa, solo pochissimi minori hanno potuto finora beneficiare di questa opportunità.

“I paesi europei hanno la possibilità di offrire un’opportunità di salvezza e futuro concreta a tutti questi minori che hanno già vissuto esperienze orribili. L’accesso alla procedura di ricollocamento dei minori soli deve essere una priorità assoluta e, nel loro caso, la lista dei paesi di origine eligibili dovrebbe essere estesa anche agli altri paesi d’origine dei minori che si considerano in transito[11]. Dal punto di vista più generale dell’accoglienza di tutti i minori non accompagnati presenti nel nostro paese, l’Italia ha fatto molto approvando la nuova legge 147/2017 che istituisce finalmente un sistema nazionale strutturato, che deve ora essere applicata al più presto per rafforzare la rete di protezione. Inoltre, l’emanazione del Piano Anti-Tratta 2016-18, costruito anche grazie al contributo di molte organizzazioni impegnate nel settore tra cui Save the Children, rappresenta una grande opportunità se verrà previsto un adeguato e specifico intervento dedicato ai minori attraverso servizi di contrasto e fuoriuscita a loro destinati.” ha concluso Raffaela Milano.

Sacrica il rapporto “Piccoli Schiavi Invisibili – 2017

Le infografiche tratte dal rapporto sono disponibili al link: https://media.savethechildren.it/?c=1669&k=ee3ecc0f62

Le foto tratte dal rapporto sono disponibili al link: https://media.savethechildren.it/?c=1668&k=e74a55d654

Fonte: Comunicato Save The Children

[1] Fonte Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) – 2016 sul periodo 2012-2014.

[2] Fonte Commissione Europea – 2016

[3] Fonte Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio

[4] Il progetto nazionale Vie d’Uscita è attivo in Abruzzo, Marche, Sardegna, Veneto e Roma

[5] Rilevazione compiuta in 19 regioni (su 21) sui territori di 50 province (su 93) e 11 Città Metropolitane (su 14).

[6] Commissione Europea – dati 2010-2012 diffusi nel 2016.

[7] Ministero della Giustizia – denunce 2015 ex art. 600 (riduzione e mantenimento in schiavitù), 601 (tratta di persone) e 602 (acquisto e alienazione di schiavi)

[8] Ministero della Giustizia - 2017

[9] Ispettorato Nazionale del Lavoro - 2016

[10] Fonte Ministero dell’Interno – cruscotto 14/7/2017

[11] Il criterio per stabilire i paesi eligibili è il 75% di successo delle domande di asilo in paesi europei di persone originarie di ciascun paese. Tra i principali paesi di origine dei minori soli che si considerano in transito in Italia attualmente gli unici eligibili sono Eritrea, Siria e Yemen.

Dossier Piccoli Schiavi Invisibili 2017 - Save The Children

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